Senza parole

Fonte internet

Ci sono due tipi di parole. Quelle che parlano e quelle che ascoltano. Non è un gioco di parole, appunto, ma una differenza sostanziale; qualcosa che ha a che fare con l’intenzione.
Le parole che parlano sono quelle parole che non si interessano di chi le ascolta. Sono parole spesso definitive, assolute, che asseriscono, talvolta purtroppo offendono. Sono parole sicure di sé, che non ammettono repliche, e che soprattutto, non guardano chi hanno di fronte. Non vedono l’effetto che fanno. Sono parole che sembrano ferme, ma spesso sono solo cieche e sorde; sono parole che servono spesso a coprire il silenzio delle idee che le hanno partorite. Sono parole che non si sanno fermare per vedere se sono parole giuste o giusto delle parole, rotolate lì da una lingua che non le sa controllare. Sono parole che magari sono pensate, ma non riflettute, e che talvolta diventano come schegge impazzite; non sai in che direzione schizzeranno, e se faranno danni. Magari inizialmente sembrano parole di verità, ma poi, spesso, vengono sospinte da venti di rabbia e perdono ogni velleità di rappresentare quella stessa verità che inizialmente proclamavano a gran voce.
E poi ci sono le parole che ascoltano. Normalmente sono parole più lente, più morbide. Raramente hanno bisogno di essere urlate, anzi spesse vengono assaporate meglio quando hanno lo stesso suono del respiro che le ha create. Sono parole che sono dette, o scritte per qualcuno, che sono regalate, e che immaginano, o vedono, l’espressione che possono generare nell’altro. Sono parole che sanno tornare indietro, che sanno cambiare idea, che sanno addirittura imparare dai silenzi degli altri. Sono parole che non diventeranno mai slogan urlati in qualche piazza, reale o virtuale, ma che quando vengono lette, o ascoltate, hanno la capacità di rispecchiarsi negli occhi degli altri, e di generare nuove parole. Sono parole che fanno riflettere, che odorano di gentilezza, e ogni tanto addirittura di pace. Sono parole che usiamo per parlare di amore, amicizia, dolcezza; ma anche dei nostri sogni, dei nostri progetti. Sono parole che amano essere condivise , tramandate. All’inizio potrebbero sembrare troppo sdolcinate, quasi deboli; parole da poeta o da matto. Parole che non sanno farsi rispettare. Ma non è così. Semplicemente sono parole che conoscono la pazienza, che non hanno la fretta di farsi valere, subito, adesso. Si disinteressano del tempo, e in certi momenti, anzi, lo creano, o addirittura lo superano. Sono parole che non hanno paura ma che neanche vogliono spaventare. Sono quelle parole che sopravvivono alla bocca da cui sono uscite, che hanno la voce di chi ascolta e non più di chi le pronuncia, o chi le ha pronunciate. Sono parole gentili con i più piccoli, ma che non hanno timore dei grandi. Sono parole che non cercano la verità in se stesse, ma che semplicemente la guardano in faccia. E forse, di queste parole, ce ne vorrebbero di più; nelle nostre famiglie, nelle nostre case, nelle nostre palestre, nelle nostre strade.

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