#jesuisdaniele

In principio è stato l’ “ich bin ein berliner” (io sono un berlinese) pronunciato da Kennedy in piena guerra fredda in visita ufficiale a Berlino, quando un muro di poco più di 100 km teneva con il fiato sospeso il mondo intero. Passarono più di 40 anni, e ci scoprimmo tutti newyorkesi, ammutoliti davanti alla televisione, in quell’11 settembre che nessuno di noi potrà dimenticare. Altri anni, e soprattutto, altri passi avanti della comunicazione globale e sociale, e diventiamo tutti Charlie, in una gara di solidarietà verso lo schifoso attentato che in un freddo gennaio del 2015 colpisce la sede del giornale satirico francese. E oggi siamo diventati tutti Valentino, tutti uniti contro il complotto iberico.
Io credo che definirsi qualcosa o qualcuno di diverso di quello che si è, sia una bella responsabilità e forse qualcosa di più grande di quello che pensiamo. Voglia dire prendere sulle proprie spalle tutto il peso di quella situazione. Credo che Kennedy quando recitó quel famoso discorso avesse questo concetto chiaro in testa, e sono sicuro che di fronte all’orrore di quei due aerei che si schiantano contro le torri, ognuno di noi abbia provato lo stesso peso, sotto forma di dolore e angoscia, in un sentimento di solidarietà completamente depurato da egoismo e finto orgoglio nazionale. E allora come spesso penso, le parole hanno un peso. Io non sono Valentino, io sono Daniele. E non sono Valentino, semplicemente perché, da sportivo, so che Valentino Rossi, in questo momento, e sulla griglia del prossimo Gran Premio, sarà solo. E sarà lui, e lui solo, a tenere a bada i cavalli della sua Yamaha. E so anche, non solo da sportivo, ma anche da uomo, che questo mondiale, fra qualche anno, sarà solo una statistica su un almanacco sportivo per appassionati, che questa onda emotiva, che ci tempesta in ogni social network, non solo non cambierà la storia, ma neanche ci entrerà. E allora, secondo me, forse, in questo momento ci sono questioni più urgenti e importanti di cui occuparci, qualcosa di più grande per cui dire “io sono”.
P.s.: ovviamente la sanzione a Rossi è totalmente ingiusta, e, da sportivo, tiferò perché a Valencia Rossi porti nella sua bacheca il 10* mondiale!

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